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PERTINENZA: COSA SIGNIFICA?

Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa.” Questa è la definizione di “pertinenza” data dall’art.817 del codice civile. Si pensi ad un posto auto rispetto ad un appartamento.
La regola base è che gli atti aventi ad oggetto la cosa principale comprendono anche le pertinenze, se non è diversamente disposto. Se è venduta la cosa principale, nel silenzio tra le parti, si intende che venga ceduta anche la cosa accessoria. L’art.818 codice civile prevede però che “le pertinenze possono formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici”. Il legame posto tra cosa principale e pertinenza può dunque essere liberamente sciolto dal proprietario delle cose. Questa è la nozione “pura” di pertinenza.
A questi dati si sono sovrapposti in tempi più recenti ulteriori norme, il cui senso rischia di stravolgere la definizione di pertinenza come più sopra delineata. Il risultato può essere quello di una grande confusione. Riprendiamo il caso della vendita del box o del posto auto che costituisce pertinenza di un’abitazione. Come abbiamo detto, ai sensi del codice civile, l’uno sarebbe liberamente cedibile rispetto all’altro. Però la legge urbanistica (n.1150/1942) prevede che “nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione“. Cosa significa?
Che è necessaria la creazione di parcheggi e il mantenimento di essi al servizio delle unità di cui costituiscono pertinenza. Ogni atto di vendita che avesse quale conseguenza quella di far venir meno il vincolo di destinazione dell’unità immobiliare a parcheggio è addirittura nullo (si veda Cass. Civ. Sez. Unite, 6600/84). Questa conclusione è del tutto contrastante con il principio generale che abbiamo visto all’inizio, in base al quale cosa principale e pertinenza sono liberamente vendibili l’una rispetto all’altra.
Un altro significato di pertinenza è previsto dalle norme fiscali. Va detto che, pure ai fini tributari, vale la regola secondo la quale ai beni pertinenziali si applica il medesimo regime fiscale dettato per il bene principale. In materia di agevolazioni prima casa, il comma 3 della nota II-bis, dell’articolo 1 della tariffa, parte prima, del T.U. Registro, dispone che le cosiddette agevolazioni “prima casa” spettano anche per l’acquisto “anche se con atto separato, delle pertinenze dell’immobile di cui alla lettera a). Sono ricomprese tra le pertinenze, limitatamente a una per ciascuna categoria, le unità immobiliari classificate o classificabili nelle categorie catastali C/2 (cantine, soffitte, magazzini), C/6 (autorimesse, rimesse, scuderie) e C/7 (tettoie chiuse o aperte), che siano destinate di fatto in modo durevole a servizio della casa di abitazione oggetto dell’acquisto agevolato“. Fin qui tutto bene. Va però considerato che l’agevolazione non si applica se la pertinenza non possa essere oggettivamente destinata in modo durevole a servizio o ornamento dell’abitazione principale, come nel caso in cui il bene (es., un box)  fosse posto in un luogo distante o magari in un Comune diverso da quello dove è situata la “prima casa”. Come è evidente, viene così introdotto un criterio discrezionale piuttosto “pericoloso”. Non basta: va considerato poi che la disciplina cambia a seconda del fatto se chi vende è un privato cittadino oppure un’impresa che applica l’IVA alle vendite.
Il Fisco distingue inoltre tra fabbricati strumentali e pertinenze: i primi non seguono il regime fiscale dei fabbricati abitativi. L’autonomia tra fabbricati abitativi e strumentali è stata accentuata dalla legge n. 223/2006 (cosiddetta “legge Bersani”)  che ha previsto una complicatissima disciplina che rende disagevole addirittura stabilire se un atto sia soggetto ad IVA ovvero ad imposta di registro, assoggettando beni quali boxes e magazzini, quand’anche la vendita fosse assoggettata ad IVA, ad imposte ipotecarie e catastali proporzionali “rafforzate” per un totale del 4% che prima si pagavano in misura soltanto fissa per un totale di circa 370 euro.
La situazione s’è aggravata a far tempo dal gennaio del 2014, da quando cioè l’imposta di registro minima è stata portata da 168 euro a 1000 euro, venendo a pesare proprio sui trasferimenti immobiliari minimi, come le pertinenze (cantine, box, posti auto) dal valore certamente secondario che, in ogni caso, vengono comunque colpiti da questa imposizione. 

La ciliegia sulla torta tuttavia è costituita dalla impossibilità di invocare, per l’acquisto di box, cantine, posti auto, magazzini la disciplina del cosiddetto “prezzo/valore” (legge 2005 n.266) in tutti i casi in cui questi beni vengano acquistati separatamente senza la contestuale indicazione nell’atto di acquisto che essi costituiscano pertinenza di un’unità abitativa. In altre parole, se non “lego” l’acquisto di uno di tali beni ad un’abitazione, il Fisco non “tiene buoni” i valori delle rendite catastali ed è libero di accertare il valore ai fini tributari.
Insomma: anche a voler semplificare, una grande confusione anche per gli addetti ai lavori.

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